LEGGENDE SULLE ALPI APUANE
I "bimbi" e il Monte Procinto
Era il tempo lontano in cui i pirati e i corsari saraceni facevano incursione sulle coste versiliesi. Per paura delle loro ruberie e delle distruzioni, un pescatore lasciò la sua capanna sulla riva del mare, insieme ai figli ancora piccoli, cercarono rifugio per boschi e nelle grotte delle Alpi Apuane. Dopo molte ore di cammino, i bimbi esausti implorarono il padre di fermarsi al riparo di un grosso castagno per riposare. La notte era ormai prossima. Sotto l’albero e coperti con il manto del pescatore, i piccoli non riuscivano a dormire dalla paura e dalla stanchezza accumulata. Il padre cominciò a raccontare storie di principi e cavalieri, di fate e animali alati ma senza successo, i bimbi lo guardavano ancora dietro i loro grandi occhi sbarrati. Solo il canto di una antica ninna nanna accompagnò padre e figli verso un sonno duraturo e profondo. Intanto dal mare in burrasca, nubi cariche di pioggia avanzavano veloci verso le Apuane. Lampi terribili e venti di bufera giunsero ben presto su quelle cime. All’improvviso una folgore colpi l’enorme castagno, non risparmiando la famiglia del pescatore. Finita la tempesta lo spirito della montagna si commosse per quell’ingiusta fine e così volle trasformare i loro corpi innocenti in rocce immortali. L’alto torrione del monte Procinto non è altro che il padre pescatore, mentre i figli... “i bimbi” sono le piccole guglie calcaree che si elevano li vicino.
Monte Corchia l'Omo Selvatico
Foto: Hartmut Wimmer, Outdooractive Editors
Un giorno l’Omo selvatico usci dalla sua profonda e oscura spelonca del Monte Corchia e si avvicinò al villaggio dei pastori. Rimase nascosto a guardarli per ore mentre mungevano le vacche. Quando vide che molto del latte munto era gettato via, venne allo scoperto per insegnare ai pastori come ricavarci del soffice burro. Uomini e donne si meravigliarono della inaspettata scoperta. Ringraziarono il gigante e lo pregarono di rimanere con loro. L’Omo selvatico provo a rifiutare ma i pastori riuscirono a trattenerlo invitandolo a mangiare con loro, con la speranza di imparare qualche altro segreto. Appena finito di pranzare il buon gigante satollo voleva lasciare i suoi ospiti ringraziandoli con un altro prezioso insegnamento: come ottenere il formaggio dal latte. I pastori contenti come non mai non lo lasciarono più andar via. Riempirono il gigante di cibo e bevande fino quasi a farlo scoppiare. Con lo stomaco pieno oltre misura l’Omo selvatico chiese di andare via ma i pastori non lo volevano lasciare. Solo promettendo loro di insegnarli un nuovo segreto, avrebbe finalmente riconquistato il diritto di ritornare nella sua amata grotta. I pastori accettarono contro voglia e così il gigante insegnò loro a ricavare la ricotta dal latte.
L’Omo selvatico aveva appena lasciato il villaggio, quando, ridendo si rivolse verso ai pastori: “siete stati davvero stupidi, se fossi rimasto ancora vi avrei insegnato anche a levarci l’olio". Uomini e donne provarono a rincorrerlo, ma il gigante, con quattro balzi guadagnò la via del bosco. Per la paura di altre indigestioni l’Omo selvatico non ha più lasciato la sua Caverna del Monte Corchia. Da quel giorno nessuno lo ha più visto in giro.
L’Omo selvatico aveva appena lasciato il villaggio, quando, ridendo si rivolse verso ai pastori: “siete stati davvero stupidi, se fossi rimasto ancora vi avrei insegnato anche a levarci l’olio". Uomini e donne provarono a rincorrerlo, ma il gigante, con quattro balzi guadagnò la via del bosco. Per la paura di altre indigestioni l’Omo selvatico non ha più lasciato la sua Caverna del Monte Corchia. Da quel giorno nessuno lo ha più visto in giro.
Monte Forato....e San Pellegrino
San Pellegrino viveva sull'Appennino, di fronte alle Apuane. Non aveva casa, perché dormiva nel tronco cavo di un albero. Non lavorava. perché aveva bisogno soltanto d'acqua e si nutriva di poche erbe e qualche radice. Tutto il giorno pregava e faceva penitenza.
Il diavolo, infastidito dalla sua presenza, s'inferociva ogni volta che cantava laudi, oppure quando snocciolava il rosario e soprattutto quando costruiva delle enormi croci di faggio che poi andava ad innalzare qua e là per la montagna. Il Diavolo voleva scacciare Pellegrino da quelle terre. Dapprima cercò d'impaurirlo mutandosi in un drago spaventoso, con viscide squame e narici infuocate.
Il santo neppure si mosse alla vista di quell'orribile creatura. Poi cercò di tentarlo trasformandosi in un'affascinante fanciulla, dai biondi capelli e dal seno procace. Il Santo neppure si mosse alla vista di quella meravigliosa creatura. Il Diavolo perse allora la pazienza e decise di presentarsi di persona con tutto il suo terribile aspetto.
Appena di fronte a Pellegrino gli rifilò un gran ceffone che lo fece rigirare per tre volte, prima di tramortirlo a terra. Il Signore degli Inferi rise tracotante dalla soddisfazione di aver impartito una sonora lezione al povero eremita. Finalmente, pensò il Maligno, avrebbe smesso di piantar croci e biascicare orazioni. Pellegrino si alzò dopo un po' con fatica e, benché minuto e inerme, ricambiò subito il ceffone con tutta la forza che aveva in animo e corpo.
Fu tanta la potenza impressa che il Diavolo volò sopra la Valle del Serchio e sbatté la testa contro le Panie. Neppure le montagne ce la fecero a trattenerlo. L'orribile essere finì la corsa in mare, tra Viareggio e la Versilia. Nel punto esatto attraversato dal Diavolo, c'è una montagna delle Alpi Apuane che porta una grande apertura alla sua sommità. Lo schiaffo di San Pellegrino ha dato origine al Monte Forato.
Il diavolo, infastidito dalla sua presenza, s'inferociva ogni volta che cantava laudi, oppure quando snocciolava il rosario e soprattutto quando costruiva delle enormi croci di faggio che poi andava ad innalzare qua e là per la montagna. Il Diavolo voleva scacciare Pellegrino da quelle terre. Dapprima cercò d'impaurirlo mutandosi in un drago spaventoso, con viscide squame e narici infuocate.
Il santo neppure si mosse alla vista di quell'orribile creatura. Poi cercò di tentarlo trasformandosi in un'affascinante fanciulla, dai biondi capelli e dal seno procace. Il Santo neppure si mosse alla vista di quella meravigliosa creatura. Il Diavolo perse allora la pazienza e decise di presentarsi di persona con tutto il suo terribile aspetto.
Appena di fronte a Pellegrino gli rifilò un gran ceffone che lo fece rigirare per tre volte, prima di tramortirlo a terra. Il Signore degli Inferi rise tracotante dalla soddisfazione di aver impartito una sonora lezione al povero eremita. Finalmente, pensò il Maligno, avrebbe smesso di piantar croci e biascicare orazioni. Pellegrino si alzò dopo un po' con fatica e, benché minuto e inerme, ricambiò subito il ceffone con tutta la forza che aveva in animo e corpo.
Fu tanta la potenza impressa che il Diavolo volò sopra la Valle del Serchio e sbatté la testa contro le Panie. Neppure le montagne ce la fecero a trattenerlo. L'orribile essere finì la corsa in mare, tra Viareggio e la Versilia. Nel punto esatto attraversato dal Diavolo, c'è una montagna delle Alpi Apuane che porta una grande apertura alla sua sommità. Lo schiaffo di San Pellegrino ha dato origine al Monte Forato.
Le giunchiglie del Monte Croce
A difendere i villaggi di pescatori sulla costa dalle incursioni barbaresche furono chiamati tutti i giovani del circondario e fra questi anche un pastore che pascolava i suoi greggi nei verdi prati sottostanti la cima delle montagne. Questo giovane pastore si era innamorato di una pastorella anche lei abitudinaria dei soliti verdi pascoli e destino volle che si erano promessi marito e moglie. Il giovane pastore andò malvolentieri a difendere i villaggi, la sua testa e il suo cuore erano tutti per la sua innamorata e proprio durante un terribile scontro in battaglia il giovane fu ucciso. La notizia gettò nella disperazione più profonda la povera ragazza che corse sulle balze delle montagne sopra il mare dove tante volte aveva passeggiato con il suo promesso sposo. Iniziò a piangere e subito ogni lacrima si trasformava in un fiore profumato. Ma il dolore era grandissimo, insopportabile e la ragazza morì di crepacuore. Si racconta così che in certe notti estive due bellissime fiammelle serpeggianti vengono ad abbracciarsi sulla cima del Monte Croce, quel monte stesso che vide i due pastori amarsi,una di queste fiammelle accorre dal mare strisciando leggerissima sopra la spuma dei flutti, l'altra, che si muove ad incontrarla proviene dai boschi della montagna e come di solito erano fare i due amanti queste due fiammelle si riuniscono e incominciano a rincorrersi per i pendii del monte fino a che non comincia a spuntare il sole. Chi sale poi come detto nel mese di maggio sulla cima del Monte Croce potrà vedere i fianchi della montagna ricoperti da una moltitudine di meravigliose giunchiglie. Sono le lacrime versate dalla giovane pastorella che sbocciano ogni primavera in candidi fiori per ricordare per sempre quella indissolubile storia d'amore finita malo modo.